Viva la campagna vaccinale, ma sul resto è meglio tacere

Evviva: la campagna vaccinale va così bene che per la somministrazione del ciclo completo dei vaccini siamo 4° paese in EU. Tuttavia la discussione sulla sanità riguarda esclusivamente il green pass e i no-vax, e questo oscura lo stato di salute del nostro sistema sanitario pubblico: al di là degli addetti ai lavori non se ne parla.

Va tutto bene quindi?

Siamo parzialmente usciti (ma ancora dentro!) dal Covid, ma se per un qualsiasi motivo la nostra salute fa le bizze ci si accorge della reale situazione in cui versa il nostro servizio sanitario nazionale (SSN). La situazione è grave, non solo oggi ma anche nel prossimo futuro, e se si legge la stampa che si occupa di sanità è facile rendersene conto. Bastano due esempi.

La Feder-ANISAP, che si occupa di istituzioni private accreditate con il SSN, ha lanciato una lettera con un appello al Governo e alle Istituzione sulle liste di attesa: “le nostre strutture stanno subendo un notevolissimo incremento della domanda, dovuto alla minore erogazione di prestazioni dalle strutture pubbliche a causa degli effetti della pandemia, incremento che sta portando ad un allungamento progressivo delle liste d’attesa e ad una crescita delle prestazioni in regime privatistico”.

La lettera evidenzia che la sanità pubblica continua a perdere colpi e per noi cittadini aumenta il ricorso alla sanità privata o alla sanità integrativa. Questo non significa che, come chiede la lettera della Feder-ANISAP, occorre aumentare il budget agli accreditati privati, ma che le strutture pubbliche vanno potenziate e migliorate, proprio per l’insufficienza dei presidi sanitari sul territorio, danneggiati da anni di politiche di deospedalizzazione e di tagli alla sanità che hanno ridotto la capacità di risposta alle richieste dei cittadini che chiedono garanzie per la loro salute.

Se questo è il presente, il futuro non sembra migliore.

Un rapporto ANAAO-ASSOMED pubblicato di recente, lancia un grido d’allarme sulla carenza di medici specialisti, che abbiamo ma soprattutto che avremo tra pochi anni se non saranno presi dei provvedimenti.

Il pensionamento di personale medico dalle strutture porterà a un netto peggioramento in termini di servizi erogati. Sono infatti previste uscite di personale per pensionamento valutabili intorno a 6.000/7.000 unità ogni anno. In presenza di una popolazione professionale di età particolarmente avanzata per il blocco del turnover degli anni precedenti. L’emorragia di medici raggiungerà la cifra di circa 52.000 unità entro il 2025. Il rapporto incrocia tale numero con la proiezione del numero di specialisti che, a programmazione invariata, potrebbero uscire dalle scuole universitarie nei prossimi otto anni, stimando che solo il 75% degli specialisti formati scelga di lavorare per il SSN: il tutto porta a una carenza di circa 16.500 specialisti.

La Legge di Bilancio approvata dal Consiglio dei Ministri, vorrebbe stabilizzare il personale assunto a tempo determinato durante l’emergenza: l’analisi condotta da Fiaso con il supporto di SDA Bocconi indica che, durante l’emergenza pandemica, sono stati reclutati con modalità straordinarie 66.000 unità di personale con contratti flessibili. Eliminando gli specializzandi al quarto e quinto anno e il personale collocato in quiescenza ma reclutato con incarichi di lavoro autonomo si parla di 54.000 unità di cui circa 9.000 medici, 23.000 infermieri e 22.000 di altro personale. Tutti “eroi” precari, poiché la loro assunzione a tempo indeterminato cozza con i tetti di spesa fissati dalla legge di bilancio. Inoltre il numero è ancora insufficiente: solo 9.000 medici contro i 16.500 che si stima siano necessari.

La sanità privata continua ad avanzare a grandi passi: i fondi stanziati nel PNRR per gli investimenti nell’assistenza territoriale sono infatti improntati al principio del libero mercato, e all’interno di un subdolo rapporto pubblico-privato che garantisce l’ampliamento del “mercato della salute” sovvenzionato da fondi pubblici.

Insomma il modello Beveridge della sanità universale e della sicurezza sociale – lanciato all’inizio degli anni quaranta in UK, come fondamento del sistema di welfare e adottato in Italia con la riforma del 1978 – è stato nel nostro Paese più volte rivisto, attuando progressive contrazioni della componente pubblica e facendo venire meno l’uguaglianza sostanziale nel livello delle prestazioni a livello territoriale; una disparità di trattamento cui l’autonomia differenziata darebbe il definitivo colpo di grazia.

Anche in UK è in atto questo processo di privatizzazione del Sistema Sanitario Nazionale, processo che il governo conservatore di Boris Johnson sta attuando senza che la popolazione ne abbia piena consapevolezza. Ma una campagna lanciata da DiEM25 UK e da tante soggettività del mondo politico e associativo progressista si è incaricata di porre fine a questo smantellamento, con l’obiettivo di lanciare il modello Beveridge del terzo millennio. Anche in Italia sarà necessario intraprendere la stessa direzione.

 

Questo articolo è stato scritto da Fabrizio L. Ricci.

 

Fonte immagine: Flickr.

 

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