Il 30 novembre, Bernie Sanders e Yanis Varoufakis hanno annunciato la nascita di un grande movimento internazionale per combattere le disuguaglianze, rimettere al centro dell’azione politica il lavoro e la dignità e per contrastare le vecchie ricette economiche portate avanti dall’establishment globale attraverso i nuovi autoritarismi di Donald Trump, di Viktor Orban e di Matteo Salvini.
Come ha scritto Sanders, “mentre i ricchi diventano sempre più ricchi, gli altri, in tutto il mondo, sono costretti a lavorare di più per strappare sempre il solito stipendio: si diffonde l’ansia dei padri per il futuro dei figli. Le destre autoritarie sfruttano queste preoccupazioni per indicare capri espiatori e mettere gli uni contro gli altri”.
Stanno costruendo una società fondata sulla paura: di non trovare un lavoro, di perdere sull’altare dello spread quel poco che si è riusciti a mettere da parte, la paura di non potersi curare nei migliori ospedali, la paura dei poveri e di chi arriva ai confini dell’Europa mentre fugge dalla guerra, la paura di un modello di famiglia diverso da quello patriarcale.
Vogliono erigere muri, vogliono che ci armiamo e che ci chiudiamo in casa, che ci rifugiamo nel ricordo di un passato glorioso che non è mai esistito – di certo non per i lavoratori sfruttati, per i disoccupati, per i pensionati costretti a vivere con poco o niente dopo una vita di lavoro, per le donne costrette ancora al doppio lavoro a metà stipendio, per i mari e per i fiumi riempiti di plastica e di liquami industriali.
Siamo stanchi di avere paura.
È arrivato il momento di passare al contrattacco, di condividere i nostri progetti, le nostre ambizioni, i nostri programmi; per riprenderci le città e i governi e rimetterci in cammino verso una società più giusta, più equa e più aperta, in cui le nuove generazioni possano vivere una vita più semplice e più felice delle generazioni precedenti.
È una sfida storica che richiede passione, tempo, capacità di ascolto e di mobilitazione e che non può trovare nelle vecchie e stantie logiche partitiche, già ampiamente bocciate nelle urne dai cittadini, un ostacolo o un freno: divisioni incomprensibili tra progetti, sigle e simboli, che nessuno è più in grado di distinguere, a parte forse qualche addetto ai lavori, non sono più ammissibili.
Il caso dell’Italia è tra i più significativi.
Mentre l’establishment europeo e il governo Salvini – Di Maio danno quotidiane prove di autoritarismo e di incapacità a individuare soluzioni rispondenti ai reali problemi delle persone, in particolare dei soggetti più deboli (donne, precari, migranti, famiglie, lavoratori), il campo dell’alternativa si prepara ad andare alle elezioni europee diviso in tre o quattro formazioni, lungo linee di frattura in gran parte dettate da trascorsi e vicende personali sconosciute agli elettori.
È mai possibile che i progressisti e gli ambientalisti, i socialisti e i libertari, le soggettività che nei territori animano le mille lotte per la giustizia sociale, per la difesa dell’ambiente e della democrazia non riescano a mettere da parte identità sempre e fare insieme un pezzo di strada?
Siamo convinti che serva un percorso unitario, ma che, tuttavia, debba essere soprattutto credibile e coerente. Per questo occorre lavorare per avere:
- un programma radicale, coerente e comune alle forze di alternativa di tutta Europa;
- liste credibili, costruite in maniera democratica, trasparente e partecipata, senza accordi di vertice, riunioni di caminetto o manuali di spartizione;
- il coraggio di tornare nelle strade e nelle piazze, nei bar e nei mercati a raccogliere un chiaro mandato cittadino e popolare.
Per parte nostra ci mettiamo a disposizione di quanti (associazioni e comitati, movimenti politici e singoli militanti, esperienze municipali) sono disposti a condividere questa idea di percorso, con il nostro New Deal per l’Europa: un programma già sottoscritto da forze francesi, spagnole, danesi, tedesche, greche, portoghesi, polacche, belghe, etc., e di recente anche da molti nuovi esponenti dei democratici USA, come Alexandria Ocasio-Cortez, che stanno dominando il dibattito americano.
In tempi ragionevoli, ma brevi, costruiamo in maniera democratica, trasparente e partecipata una lista di candidati che rappresenti la miglior espressione del percorso intrapreso.
Andiamo nelle strade, nelle piazze, nei mercati e chiediamo a 150 mila italiani di sottoscrivere le nostre liste sotto un simbolo comune. Il tempo a disposizione non è molto, perché entro metà gennaio occorrerà iniziare la raccolta delle firme.
Impegniamoci per i prossimi mesi a produrre iniziative, dibattiti; lanciamo anche in Italia, nel mese di Febbraio, un percorso verso l’Internazionale Progressista con chi condivide l’esigenza di contrastare l’establishment finanziario globalizzato e i nazionalisti.
La primavera non tarderà ad arrivare.
Il Coordinamento Nazionale dell’Ala Elettorale DiEM25 Italia
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