Reportage da Hove (Belgio)

Questa mattina alle 7 otto lavoratori egiziani, da vent’anni in Italia e dipendenti di un’azienda italiana con sede a Milano, sono saliti su una gru alta trenta metri nella frazione di Hove, a una quarantina di chilometri da Bruxelles: protestano perché da tre mesi non hanno ricevuto alcuno stipendio.

Lavorano per M&M costruzioni Srl, una piccola azienda italiana che lavora in subappalto per un’azienda belga, a sua volta subappaltatrice di un grosso costruttore locale, Peremans (gruppo Vanderstraeten). Hanno lavorato in svariati cantieri in giro per il Belgio e stanno costruendo un piccolo (e, a giudicare dai prezzi, lussuoso) complesso residenziale.
Raggiunto al telefono verso le 11, Mohamed ci spiega che non hanno mangiato da ieri a pranzo, che non hanno cibo, né acqua, né coperte, e che per loro – non avendo potuto inviare soldi alle famiglie da ormai tre mesi – il rischio di cadere da una gru alta trenta metri non è peggiore che convivere con l’ingiustizia e l’umiliazione.
Arrivati sul posto, proviamo ad entrare nel cantiere per portare agli occupanti qualche bottiglia d’acqua, pane, formaggio e biscotti ma la polizia ci butta fuori. Capiamo subito che il clima è teso e Siso, l’aria stanca e arrabbiata, ci viene incontro dicendo che sono razzisti, che li hanno minacciati, che un loro compagno è già finito all’ospedale dopo aver preso una martellata in testa. Altri lavoratori si aggiungono e presto si crea un capannello di operai che ci raccontano cento storie di ordinario sfruttamento: i turni massacranti, le minacce col coltello per chi osa ribellarsi, le condizioni indegne in cui sono costretti a vivere, in una casa fatiscente senza riscaldamento. Cerchiamo di fare ordine tra i mille rivoli di quei racconti: a quanto pare Peremans utilizza, di solito, una ditta appaltatrice, che poi delega a sua volta gran parte dei lavori a varie altre ditte, alcune con regolare contratto, altre – come ci racconta uno degli operai – direttamente in nero.


Nel frattempo, allertati dall’INCA-CGIL di Bruxelles (allertata, a sua volta, grazie ad un tam-tam di telefonate), arrivano anche alcuni sindacalisti belgi e un paio di emittenti televisive. Ci diciamo che le cose forse si vanno sistemando, che – bucata la coltre dell’invisibilità mediatica e sociale – la vertenza di questi lavoratori troverà presto una risoluzione.
E invece passano le ore, mentre giunge notizia che qualcuno ha sfondato la porta della loro casa, e buttato in strada i loro averi.
Durante la giornata parliamo più volte al telefono con Mohamed, che si trova sulla gru, identificando le tre condizioni per cui sono pronti a sospendere la protesta: il pagamento degli stipendi arretrati, un nuovo alloggio e la garanzia di essere protetti dalle minacce e dalle violenze subite.
Sembra incredibile che questa vicenda – che pare tratta da un racconto sul caporalato agricolo in cui sono immerse le vite di molti migranti nel sud Italia – stia succedendo proprio qua, a trentacinque chilometri in linea d’aria dai palazzi della Commissione e del Parlamento Europeo. In questo paese in cui tutti paiono ossessionati dalle regole e da una loro rigida e talvolta illogica applicazione.
Eppure è tutto vero e il loro caso non è che l’ennesima prova di quanto le normative europee su appalti e subappalti siano insufficienti nella tutela dei diritti dei lavoratori, di qualunque nazionalità e in qualunque luogo.
Scopriamo però che, nella sorprendente inefficienza di tutti quelli incontrati finora (dalla polizia fiamminga incapace di difendere i lavoratori dall’arbitrio e dalle violenze fisiche e rigida nel rifiutarsi di parlare in francese, ai sindacalisti che non sembrano capaci di fare altro che dichiarazioni ai media e selfie davanti al cantiere, al sindaco che parlotta in un angolo prima di andare a pranzo) qualcosa di europeo c’è: due bravi giornalisti di RTL, la più grande emittente privata francofona del Belgio, hanno seguito gli operai fin dalla mattina, hanno documentato l’aggressione subita dall’operaio portato in ospedale, raccolto le testimonianze di Mohamed e dei suoi compagni e sono riusciti a confezionare un servizio perfetto, che è uscito nel telegiornale dell’una. Poco dopo, verso le 14:30, anche il quotidiano italiano online EuNews copre la notizia e viene rilanciato dai social dell’INCA e della FILLEA CGIL.

Grazie al video, alcune auto e alcuni passanti rallentano o si fermano davanti al cantiere per manifestare sostegno ai lavoratori sulla gru.Proviamo a mettere assieme i nodi di una vasta rete di soggetti che sono stati coinvolti e provano a dare una mano: da Gaia, bravissima compagna della Piattaforma Cittadina di sostegno ai rifugiati, alla categoria degli edili della CGIL e al sindacato FGTB di Charleroi, allertati da Eleonora dell’INCA-CGIL di Bruxelles.
Siso, esasperato, trova nel primo pomeriggio un modo per rientrare nel cantiere e portare i viveri ai suoi compagni sulla gru.
La situazione si sblocca, finalmente, verso le 19 grazie all’intervento di Carlo, sindacalista italo-belga della FGTB che riesce a trovare un avvocato, un interprete in grado di tradurre dall’arabo e una piattaforma negoziale ispirata ai punti che avevamo concordato nel pomeriggio con Mohamed.
Si lavora a una riunione a cui dovrebbero partecipare un rappresentante della ditta Peremans, un sindacalista FGTB, l’avvocato del sindacato e lo stesso Mohamed, unico tra i manifestanti a dover scendere dalla gru.
Qualcosa va storto.
La ditta anticipa l’arrivo dei sindacati e del loro avvocato e avvia una trattativa diretta coi lavoratori.
Al loro arrivo al cantiere, i sindacalisti ci contattano per chiederci dove si trovino Mohamed e i suoi compagni. Ci mettiamo in contatto con questi ultimi e suggeriamo di interrompere subito il negoziato per permettere al sindacato di partecipare alla riunione e portare avanti la linea concordata.
Le trattative con tutte le parti cominciano finalmente verso le 21, mentre è scesa la notte e il freddo, il buio e l’umidità si sommano alla stanchezza di chi è lassù dalle sette di stamattina e ogni minuto passato in cima alla gru rende la situazione più inquietante e pericolosa.
È da poco passata la mezzanotte e la trattativa è chiusa.
Tutti gli operai sono scesi dalla gru, stanno bene ma sono stanchi e innervositi. Ora sono in viaggio verso Bruxelles in automobile per recuperare i loro effetti personali e torneranno stanotte a Hove, dove saranno ospiti nei prossimi giorni in una casa sicura messa a disposizione dal sindaco.
Ma soprattutto, l’accordo prevede che la ditta Peremans versi entro la prossima settimana 55mila euro di arretrati, che consentiranno alla ditta italiana M&M costruzioni di pagare i propri dipendenti.

Resteremo nei prossimi giorni in contatto con Mohamed, i suoi compagni e il sindacato per vigilare sull’applicazione dell’accordo e sosterremo eventuali ulteriori azioni di protesta di altri lavoratori nelle stesse condizioni.
CarpeDiEM!
Emanuele Dolce

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