La Catalogna è un problema europeo che richiede una soluzione europea

Mercoledì ad una conferenza stampa a Barcellona il nostro co-fondatore Yanis Varoufakis ha presentato la sua proposta di risposta europea alla crisi in atto in Catalonia e, potenzialmente, ad altre simili crisi nell’UE.

Qui un video della conferenza stampa:

La proposta di Yanis offre una cornice politica progressista pan-europea per questioni di indipendenza in tutta Europa. Pubblichiamo oggi una versione integrale della proposta per far partire una discussione tra tutti i membri DiEM25, così da formare a tal proposito una posizione comune ufficiale di DiEM25, che faccia parte della nostra Agenda Progressista.
La crisi della Catalogna come opportunità per l’Europa di ridefinire il significato di sovranità, stato e democrazia europea.
La risposta dell’Unione Europea alla crisi in Catalogna è ipocrita e incoerente.

  • È ipocrita perché, se da un lato si oppone esplicitamente alle minacce all’indipendenza della magistratura polacca e alla riduzione delle libertà civili in Ungheria, l’Unione Europea è rimasta in silenzio di fronte alla sistematica violazione delle libertà civiche (e, in verità, dello Stato di Diritto) in Catalogna durante e dopo il controverso referendum del 1 ottobre 2017 (cioè, la violenza contro gli elettori, l’arresto di funzionari).
  • È incoerente perché, barricandosi dietro la tesi secondo cui l’UE è un’Unione di Stati e non di popoli o regioni, l’Unione Europea sta fornendo al movimento indipendentista catalano un potente motivo per creare uno… stato!

Inoltre, l’UE ha la responsabilità di aver attizzato il fuoco dello scontento che ha condotto all’attuale crisi in almeno due modi:

  1. Con politiche di sfrontata austerità mescolata a imponenti salvataggi bancari, l’UE ha cercato di contenere la crisi della sua variante di neoliberismo punitivo con la limitazione della sovranità degli Stati membri. In un simile contesto, il governo di Madrid (la cui sovranità era stata a sua volta limitata dall’UE) ha sfruttato queste politiche per ridurre lo spazio d’autonomia che la Catalogna aveva recuperato dopo la morte di Franco.
  2. Prima dell’euro, la Catalogna vantava un disavanzo commerciale con il resto del mondo e un ampio surplus con il resto della Spagna (anche al netto dei trasferimenti fiscali). Tuttavia, in seguito alla mala gestio europea della crisi dell’euro e alle misure d’austerità (svalutazione interna) imposte alla Spagna, il disavanzo commerciale della Catalogna con il resto del mondo si è trasformato in un surplus pari al 5% del PIL, mentre al tempo stesso la sua posizione fiscale e commerciale nei confronti del resto della Spagna ha prodotto un crollo dei salari e un aumento dei margini di profitto delle grandi aziende in tutta la Spagna. In poche parole, la Catalogna è stata “germanizzata” in modo da intensificare le tensioni esistenti tra la regione e il resto della Spagna.

In sintesi, la crisi catalana è una responsabilità dell’Europa tanto quanto lo è per il popolo spagnolo/catalano. DiEM25 rifiuta ogni nazionalismo e ogni forma di autoritarismo. Invece di prendere posizione sulla Questione catalana o di ripetere appelli al buonsenso, tanto pieni di buone intenzioni quanto inutili, DiEM25 crede che questa crisi rappresenti una straordinaria occasione per fare una proposta nuova, progressista e pan-europea che permetta di gestire queste crisi.

Quattro principi

Primo principio: Un’Unione Europea democratica non può tollerare la criminalizzazione e la persecuzione di attività politiche pacifiche a sostegno dell’indipendenza di una regione.
Secondo principio: Le autorità di una regione non possono proclamare l’indipendenza solamente sulla base di una maggioranza semplice o assoluta.
Terzo principio: Le nozioni di sovranità e cittadinanza nate a seguito della pace di Vestfalia (cioè una nazione, una sovranità, una cittadinanza) non sono più in linea con un’idea di Unione Europea democratica e devono essere ridefinite in modo tale da permettere l’esistenza di sovranità e di cittadinanze multiple.
Quarto principio (per le regioni degli Stati membri dell’eurozona): un’Unione Monetaria Europea funzionante richiede (a) maggiori trasferimenti fiscali (non minori) per finanziare investimenti nelle regioni più povere, e (b) disavanzi/eccessi commerciali più contenuti. Così, affinché l’indipendenza di una regione possa essere approvata dall’UE, è necessario accordarsi su alcune misure che (a) riducono i deficit/surplus tra le regioni e (b) aumentano i trasferimenti fiscali con i quali finanziare progetti d’investimento (soprattutto sulle energie pulite, i trasporti e i progetti di transizione) nelle regioni/stati più poveri.
Una proposta-quadro sulla procedura per l’indipendenza delle regioni europee.
Nei notiziari di questi giorni ci può essere la Catalogna ma è improbabile che questo sia l’ultimo di casi simili che l’Europa dovrà affrontare. La Scozia ha già esercitato in passato il proprio diritto ad aprire il dibattito sulla propria indipendenza e potrebbe farlo di nuovo tra poco, come parte delle trattative sulla Brexit. Altre regioni, senza dubbio, seguiranno. L’UE, quindi, deve elaborare una proposta politica che le permetta di approcciare le campagne indipendentiste all’interno degli Stati membri con una modalità che rispetti i quattro principi espressi in precedenza. Grazie all’elaborazione di questa proposta-quadro, sarà più facile dare risposte anche sulla questione catalana.
Una procedura ben strutturata, sancita dall’UE per tutte le regioni d’Europa, dovrebbe rispettare i quattro principi sopra descritti. La procedura proposta comprende le sei condizioni necessarie per ottenere l’approvazione europea. Qualunque regione richieda il sostegno dell’UE per organizzare un referendum sull’indipendenza vincolante deve adempiere alle sei condizioni seguenti:

  1. Un prerequisito necessario affinché si possa prendere in considerazione un referendum sull’indipendenza è che le elezioni regionali siano prima vinte (con la maggioranza assoluta degli elettori e non solo dei parlamentari regionali) da un partito (o una coalizione di partiti) che propone il referendum.
  2. Qualunque referendum successivo alle elezioni si dovrebbe tenere, in coordinamento con il Consiglio d’Europa, la Commissione Europea e il Parlamento Europeo, non prima di un anno dopo quelle elezioni, in modo tale da permettere un dibattito vero e sobrio.

Perché l’Unione Europea approvi il referendum e perché lo stato che nasce da questo referendum possa godere dello status di membro dell’Unione, la costituzione del nuovo stato deve prevedere:

  1. Garanzia di libertà di movimento tra il nuovo stato e il resto dell’Unione Europea, inclusa, ovviamente, la parte restante del “vecchio” paese
  2. Il diritto (ma non l’imposizione) per i suoi cittadini alla cittadinanza del nuovo stato, del “vecchio” paese e/o alla cittadinanza europea.
  3. L’impegno a collaborare con le autorità europee per conservare almeno lo stesso livello di trasferimenti fiscali al resto del paese sotto forma di finanziamento per investimenti da realizzare, con la supervisione delle Istituzioni europee (tra cui la Banca Europea degli Investimenti e la sua branca, il Fondo Europeo degli Investimenti) nelle regioni più povere del vecchio paese.
  4. L’impegno a collaborare con le autorità europee per eliminare i surplus o deficit commerciali con il “vecchio” paese.

Sintesi

Nessuno può negare ai cittadini di una regione Europea il diritto ad aspirare a diventare uno stato. Allo stesso tempo, nessuna regione può aspirare a diventare stato e, contemporaneamente, a godere dello status di membro di un’Unione Europea democratica e ben funzionante senza rispettare i principi di base di un’Unione Europea democratica e ben funzionante.
Condizioni necessarie per continuare ad essere membri di un’Unione Europea democratica saranno una vera solidarietà interregionale, la libertà di movimento, le identità/cittadinanze multiple e un impegno ad appianare gli squilibri economici, finanziari e sociali e, contemporaneamente, ad investire in un futuro verde. Questi, inoltre, sono i princìpi sui quali si fonda il New Deal Europeo di DiEM25 per tutti i paesi e tutte le regioni d’Europa.
Il fatto che l’UE non sia riuscita, a causa della sua dedizione ad un neoliberismo punitivo, a promuovere ciascuna delle condizioni che devono caratterizzare un’Unione Europea democratica non è una ragione sufficiente perché gli europeisti progressisti si arrendano. Non sarebbe meraviglioso se la crisi catalana, e il bisogno disperato di affrontarla tramite una proposta-quadro appropriata, motivasse i democratici europei a riconfigurare l’UE come Unione Europea democratica? Noi di DiEM25 crediamo di sì!

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