Un altro presente è possibile?

“Tornare alla normalità” – quella pre-covid – è una prospettiva inaccettabile per gli attivisti e i simpatizzanti di DiEM25 Italia che, il 6 novembre scorso, si sono ritrovati allo Spin Time Labs, in un incontro intitolato “Another now, un altro presente”. 

ll PNRR è lo strumento con cui il Governo intende un ritorno al passato. Nelle 273 pagine del documento la parola “precarietà”, riferita alla condizione lavorativa, è citata una sola volta, mentre la locuzione “riconversione industriale” non è mai citata. 

Sottesa alla rimozione di queste parole chiave c’è l’idea che non sia necessario un governo perequativo dell’economia, della transizione ecologica e dei processi di digitalizzazione. Non a caso il ministro Cingolani ha usato l’odiosa espressione del “bagno di sangue”, riferendosi agli impatti della transizione verde. 

Nel PNRR sembra implicita una interpretazione evolutiva darwiniana dell’economia, dove tutto è fatalmente regolato dalla “mano invisibile” del mercato.

Ma il mercato non consente politiche di redistribuzione e di coesione, non protegge, anzi aumenta le disuguaglianze. A livello globale si è passati da un sistema capitalistico neoliberista, a uno che Yanis Varoufakis definisce tecno-feudalesimo.

Oggi l’Italia – ma non solo – è più precaria di quanto non fosse prima della pandemia. Questo dato di realtà è oscurato dalla retorica della crescita del PIL superiore al 6% nel 2021 (a fronte del calo dell’8,9% del 2020). Il rapporto debito PIL ha superato il 150% e il lavoro dipendente recuperato è tutto a termine, mentre tra marzo 2020 e settembre 2021 sono scomparsi 194 mila lavoratori autonomi e il 31 ottobre è venuto meno il blocco ai licenziamenti. Il recente disegno di legge sulla concorrenza e il mercato, ha introdotto per i servizi pubblici locali “un nuovo bastimento carico di privatizzazioni”, mentre le spinte speculative e i colli di bottiglia nella produzione di certe materie prime si stanno riflettendo in aumenti dei prezzi al consumo e nella curva dei tassi d’interesse. E per completare il quadro,  nelle premesse della NADEF, si legge che: “Nel medio termine sarà altresì necessario conseguire adeguati avanzi primari”. Come dire che dal 2024, se non prima, ritorneremo alle politiche di austerità

Alla luce di questo quadro sconfortante, si impongono alcuni temi imprescindibili per rendere possibile “Un altro presente” per l’Italia. Condizioni che vanno nella prospettiva di una costituzionalizzazione dei diritti dei cittadini di un’Europa che, o sarà solidale, o non sarà:

  • serve un disegno organico di politica industriale e di “cura” del territorio per guidare la transizione ecologica e per orientarne gli impatti sul mercato del lavoro, soprattutto a favore di una maggiore coesione interna, dell’inclusione lavorativa di giovani, NEET, donne e disoccupati di lungo periodo; una prospettiva incompatibile con la frammentazione delle politiche che l’attuazione dell’autonomia differenziata determinerebbe. (Nel 2020, il 65,3% delle persone che in italia si sono rivolte alla Caritas aveva al massimo la licenza di scuola media inferiore, percentuale che nel mezzogiorno arriva addirittura al 77,6%)
  • è irrinunciabile reinterpretare il Patto di Stabilità, eliminando dai vincoli di bilancio gli investimenti per la transizione ecologica e introducendo meccanismi formali e strutturali per far sì che gli indicatori di benessere siano integrati nei vari stadi del processo di policy.
  • è urgente riformare in senso maggiormente progressivo la fiscalità diretta in Italia, introducendo inoltre una carbon tax globale
  • è necessario democratizzare la politica monetaria, ponendo la piena occupazione come obiettivo duale rispetto al target d’inflazione e finanziando con creazione di moneta sia il salario universale di base, sia la transizione ecologica.
  • non è più rinviabile una seria ristrutturazione del debito pubblico, come si conviene dopo una “guerra”, per evitare che – al venir meno della sospensione della regola del “capital key” – attacchi speculativi inneschino nuovamente l’allargamento degli spread tra debiti sovrani. A corollario di questa ristrutturazione, la costosa e destabilizzante struttura del Meccanismo Europeo di Stabilità va fusa per incorporazione nella BCE. 

Tutte queste misure hanno come principale ostacolo l’asse franco-tedesco che ha sempre imposto cure deflazionistiche e la “disciplina dei mercati”. In questo senso, il programma presentato il 13 novembre a Berlino, dall’ala elettorale di DiEM25 in Germania sembra l’unica vera speranza di ravvedimento, per salvare l’Europa da sé stessa

 

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