Ad un anno dall’arresto di Patrick Zaki, le autorità egiziane hanno messo in carcere un altro ricercatore, anche lui egiziano.
Ahmed Samir Santawy, 29 anni, studente della Central European University di Vienna, è detenuto ingiustamente da quasi due mesi al Cairo con l’accusa di far parte di un gruppo terroristico.
Da quando ha cominciato i suoi studi in Austria sui diritti riproduttivi femminili, ad ogni suo rientro a casa in aeroporto la polizia gli ha fatto domande sui suoi studi e la sua vita austriaca. Questa volta, non solo è stato interrogato al confine, ma la sua casa è stata perquisita da uomini incappucciati che, non trovandolo, gli hanno intimato di presentarsi in un ufficio di polizia.
Il 1 febbraio, giorno in cui Ahmed si è presentato alle autorità, Ahmed è scomparso, è stato portato in un luogo nascosto, e là è rimasto fino al 6 febbraio giorno in cui è comparso davanti alla Supreme State Security Prosecution.
I capi d’accusa che gli sono stati mossi sono seri: di far parte di un gruppo terroristico su facebook, “I rivoluzionari del 25 gennaio”, che critica l’operato del governo per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, di condividere notizie false sul governo e, in ultimo, di aver fondato una organizzazione terroristica. Nessuna di queste accuse è sostanziata da prove, ma nonostante questo Ahmed rimane, ad oggi, in carcere, dove è probabile sia già stato vittima di violenze mentali e fisiche.
Secondo Amnesty International Ahmed è un prigioniero di coscienza come Patrick Zaki e molte sono le somiglianze tra questi due casi. Persino i capi d’imputazione del caso di Ahmed sono simili a quelli di Patrick Zaki e in genere di chiunque critichi l’operato del governo, o si interessi di temi non amati dalle autorità.
Di fatto, la protezione dei diritti è in costante declino in Egitto da quando al-Sisi è al potere e spesso sono proprio enti governativi o istituzioni a commettere violazioni, rimanendo impuniti. Il Consiglio per i diritti umani dell’ONU nota che nel paese la detenzione arbitraria è pratica comune e che è sistemico l’uso di tortura.
La costante violenza intimidatoria contro i ricercatori in Egitto che il presidente Abdel Fattah al-Sisi sembra promuovere, rappresenta una inaccettabile violazione di diritti umani di fronte alla quale non possiamo tacere, come DiEM25 e come persone.
Non possiamo accettare che la storia di Ahmed, o quella di Zaki, finiscano come quella di Regeni. Chiediamo quindi che tutte le Istituzioni in Europa e nel Mediterraneo si uniscano compatte nell’esigere:
- l’immediato rilascio di Ahmed Samir Santawy;
- una garanzia di protezione da violenze e torture prima del suo rilascio.
Sul caso Samir si è anche attivata Amnesty International con una petizione che invitiamo tutti a firmare.
Come DiEM25 deploriamo ogni forma di repressione delle libertà personali e di pensiero e auspichiamo per la Repubblica egiziana il ritorno a una compiuta democrazia, aspirazione tradita delle primavere arabe.
Questo articolo è stato scritto da Elettra Repetto (DSC Genova), dal Collettivo Nazionale di DiEM25 Italia e dall’Ala Elettorale di DiEM25 Italia.
Imagine in copertina: Freedom for Ahmed Samir by Gianluca Costantini @channeldraw
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